“Un giorno tragico, il 23 maggio ’92 di cui ricorre oggi il 29. anniversario, nel quale persero la vita a Capaci il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre sottufficiali della scorta. Un pomeriggio nefasto, dunque, che aprì la strada a quanto sarebbe tragicamente accaduto in Italia nei mesi e negli anni, almeno due, a seguire. Ma, a prescindere da tutto, l’attentato al più grande magistrato italiano scosse il Paese intero, persino più dell’agguato al suo ‘successore ed erede’ naturale Paolo Borsellino. Che era ormai, notoriamente per così dire, nel mirino di diverse ‘entità’ fra cui la mafia.L’impatto emotivo di Capaci fu però dirompente e colpì in modo profondo non soltanto la società civile e tutte le donne e gli uomini perbene, bensì anche gli stessi malavitosi. Almeno quelli non allineati alla strategia stragista dell’allora capo supremo della Cupola. Sdegno e indignazione popolare non bastarono, però, a fermare la mano omicida dello stesso superboss corleonese. Un pazzo sanguinario, manovrato da soggetti deviati dello Stato garanti di interessi mostruosi e particolari tutelati anche da influenti personalità istituzionali corrotte. Queste le condizioni alla base di quella terribile strage, in cui l’estremo sacrificio dei martiri caduti per aver adempiuto al loro dovere fino alle estreme conseguenze non merita unicamente il nostro commosso e ossequioso omaggio, ma ci impone pure il dovere di ribellarci al condizionamento della criminalità organizzata in qualsiasi forma dovesse manifestarsi a noi tutti. Perché non può, e soprattutto non deve, essere accettato e tollerato. Mai. Costi quel costi.