La Sanità calabrese, insieme al lavoro, è il principale obiettivo del nostro programma di governo e di cambiamento della Calabria. Questione inaccettabile, ormai vecchia, ultradecennale, incancrenita da un commissariamento altrettanto lungo, è balzata in modo violento agli onori della cronaca solo di recente, mettendo inesorabilmente in luce la vergognosa realtà di una gestione abbandonata a se stessa collusa con la ndrangheta, come ha dimostrato il recente arresto del presidente del consiglio regionale della Calabria. Gli strapagati commissari che si sono succeduti nel corso degli ultimi 10 anni, anziché garantire correttezza, competenza ed efficienza, hanno invece rivelato al mondo, e proprio durante una fase critica come la seconda impietosa ondata della pandemia, tutte le falle di un sistema corrotto e colluso che è capace di fagocitare chiunque vi si accosti. Noi Calabresi siamo stati umiliati come mai, nel profondo della nostra dignità, di fronte all’ignobile farsa che ha fatto ridere tutt’Italia ma che rappresenta un attentato alla vita di noi Calabresi: una sequenza interminabile di vicende ridicole e al contempo drammatiche che ha visto avvicendarsi l’incompetente e “drogato” Cotticelli, il negazionista pentito Zuccatelli, i tanti altri mancati commissari poiché reticenti o poco graditi alla casta calabrese. Sembravano più giullari di corte che alti funzionari al servizio del sistema sanitario regionale. Ma, inesorabilmente, al danno si è aggiunta anche la beffa. La nostra Calabria che, nelle fasi più acute della prima ondata era un’isola felice, con pochissimi contagi – tanto da essere consigliata da Angela Merkel come l’unica regione italiana a basso rischio e pertanto meta ideale per le vacanze dei tedeschi – dopo pochi giorni da queste dichiarazioni ha subito l’onta di essere annoverata tra le regioni a zona rossa insieme alla Lombardia, al Piemonte e alla Val d’Aosta. Ma mentre in queste ultime è stata la diffusione dei contagi a rendere indispensabili misure così restrittive, per la nostra regione, invece, a generare il lockdown è stata la totale incapacità del sistema sanitario di tollerare una seppur minima pressione in termini di ricoveri non solo in terapie intensive, ma nei reparti ordinari per totale mancanza di posti. Il danno e la beffa. Appunto. E quindi, se da una parte, il fato, la scarsa circolazione di persone (a causa del limitato numero di attività economiche mantenute aperte ) o forse l’autodisciplina di noi calabresi, ci avevano preservato dal Covid, dall’altra per l’incompetenza di eserciti di politici e di amministratori dediti solo a preservare i loro interessi personali, la Calabria si è dovuta piegare a un lacerante blocco commerciale che ha inferto il colpo finale al già compromesso e fragilissimo sistema economico. Il danno di essere ultimi e la beffa di esserlo nonostante la pandemia ci avesse toccati solo di striscio. E tra le umiliazioni che noi calabresi abbiamo dovuto sopportare, c’è anche quella di essere curati come terremotati in ospedali da campo, nelle tendopoli sanitarie di Emergency (nulla contro il lodevole operato di Gino Strada, per carità!), come nei casi di Cosenza o Crotone, mentre su tutto il territorio della nostra Regione sono presenti ben 18 ospedali chiusi 10 anni fa (dall’inutile governo Scopelliti), pienamente efficienti o facilmente efficientabili, in grado di ospitare un numero di malati tale da coprire ampiamente il fabbisogno sanitario anche in una fase critica come quella che stiamo attraversando. Si veda l’ospedale chiuso di Siderno o quello di Locri dove si è costituito un comitato cittadino che si oppone in modo fermo alla paventata possibilità chiusura definitiva. Citiamo anche l’ospedale di Cariati dove un altro comitato da quasi due mesi ha avviato una civile protesta con l’unico obiettivo di restituire una struttura già operativa a un territorio sprovvisto di assistenza. Ma vale la pena ricordare anche altri ospedali chiusi, in aree altrettanto strategiche, come quelli di Corigliano, Lungro, Mormanno, San Marco Argentano, Acri, Trebisacce e Praia a Mare, nel Cosentino; Soriano e Nicotera nel Vibonese; Chiaravalle Centrale, nel Catanzarese; Taurianova, Cittanova, Palmi, Oppido, Scilla, nel Reggino. Perché anziché essere trattati come terremotati in ospedali da campo, non ridiamo vita ai 18 ospedali perfettamente agibili che attendono solo un giro di chiave per essere messi al servizio di noi calabresi per vedere riconosciuta la nostra dignità, i diritti negati e le indispensabili priorità sanitarie? Ma, come in ogni farsa che si rispetti, anche questa volta il teatrino dell’inutilità, la sceneggiata della soluzione improvvisata e a portata di mano messa in campo per l’ennesima dai nostri politici nostrani senza un minimo di razionalità o competenza, si impone con facilità rispetto alla volontaria incapacità di noi calabresi a ribellarci al sistema, ben lieti di lasciarci distogliere dalle promesse del Cetto Laqualunque di turno nel comprendere il reale significato delle scelte e delle decisioni collettive. Ma la stragrande maggioranza dei Calabresi, come noi di Carlo Tansi Presidente, però non amiamo il fumo negli occhi e non siamo ciechi. Noi, con forza e determinazione, urliamo ad alta voce i nomi dei responsabili e le cause reali dello sfacelo della sanità calabrese. Il diritto alla Salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione, imprescindibile per il rispetto della dignità dell’individuo, è stato finora osteggiato, violato e troppo spesso negato alla Calabria e ai sui figli. Noi intendiamo riconsegnare ai Calabresi il diritto alla salute, riconoscerlo, sancirlo in tutti i suoi aspetti affinchè non sia più un diritto negato, come questa pandemia ha mostrato inesorabilmente in tutta la sua drammaticità. La mancata tutela del diritto alla salute ha generato servizi sanitari e ospedalieri di bassa qualità e, di conseguenza, un’insopportabile emigrazione sanitaria di decine di migliaia di Calabresi, che cercano altrove le cure di cui avrebbero diritto di ricevere nella nostra regione. A questa emigrazione corrisponde un enorme flusso di denaro dalla Calabria verso le regioni del nord Italia: la Calabria spende circa 300 milioni di euro all’anno per fronteggiare l’emigrazione sanitaria. Ciò significa che negli ultimi 10 anni abbiamo trasferito circa 3 miliardi di euro alle regioni del centro e del nord, sottraendoli al fondo sanitario regionale. Un fiume di denaro che sarebbe stato sufficiente a far funzionare la nostra sanità in modo eccelso. E’ inoltre assurdo accettare vedere andar via dalla Calabria i migliori medici specialisti che occupano posizioni di vertice in ogni angolo del Pianeta, mentre il nostro sistema sanitario è allo sbando. PROPOSTE CONCRETE – I nostri strumenti e obiettivi per migliorare la sanità calabrese. Per migliorare la sanità calabrese, vogliamo innanzitutto liberarla da quel sistema marcio politico-affaristico, colluso con la ndrangheta, che l’affligge da decenni. Vogliamo distruggere quei nefasti legami che legano certi direttori generali e dirigenti ASP, certi primari dalle discutibili capacità professionali ma di grande furbizia politica, diventati burattini nelle mani di apparati politici consolidatisi nel corso dei decenni. Apparati politici che hanno attinto a piene mani dall’enorme bacino elettorale creato grazie rete di interessi messa in piedi. Rete della quale hanno beneficiato anche certi fornitori di beni e di servizi costati alle finanze statali molto di più rispetto ai costi effettivi o – come abbiamo visto in occasione dell’ultima emergenza Covid – certi proprietari di fatiscenti cliniche ed RSA assai contigui alla politica, che sono persino consiglieri regionali. Per raggiungere tali obiettivi, è necessario riformare in modo radicale la sanità calabrese e uscire così dall’emergenza del commissariamento, distruggendo le incrostazioni della burocrazia, del clientelismo politico e della malagestione, che nulla hanno a che fare con la tutela della salute. Questo progetto potrà essere attuato innanzitutto riaprendo gli ospedali inutilizzati. Contestualmente sarà necessario definire il fabbisogno sanitario effettivo dei vari territori che – anziché essere il frutto della più totale improvvisazione com’è accaduto fino a ora – deve tenere conto delle reali necessità assistenziali, della collocazione sui diversi territori delle strutture sanitarie e delle loro specifiche specialità, siano esse pubbliche che private. Si dovranno inoltre potenziare gli ospedali di eccellenza specializzati (cardiochirurgia, oncologia, ortopedia, ginecologia, ecc.), questo per evitare ai Calabresi agli insopportabili viaggi della speranza verso centri extra regionali. Queste azioni consentiranno di ottenere una copertura adeguata ed uniforme sul territorio regionale delle strutture sanitarie, di potenziare strutture esistenti e realizzare nuove strutture all’avanguardia nel campo della ricerca e dell’applicazione tecnologica e di garantire, così, ai Calabresi, i livelli essenziali di assistenza (cosiddetti LEA) sia in ambito pubblico che privato. Per giungere a tali risultati sarà fondamentale utilizzare anche servizi privati che coadiuvano il pubblico solo per il periodo necessario con contratti chiari, trasparenti approvati in modo preventivo dalla Corte dei Conti, affinché tali azioni non si trasformino in un’ulteriore forma di assistenzialismo politico. Le prestazioni che saranno acquistate dalla sanità regionale dai privati dovranno essere regolate da contratti scritti, firmati e registrati a inizio anno, e non alla fine dell’anno, come è stato fatto finora per favorire i dispendiosissimi contenziosi per l’amministrazione pubblica e gli affari degli “amici degli amici”. I preventivi di spesa e le eventuali prestazioni in eccesso a quanto descritto nei contratti dovranno avere una percentuale con un tetto massimo, nel pieno rispetto del fabbisogno sanitario sopra indicato che potrà essere definito solo alla luce di una rigorosa programmazione. Queste azioni da un lato consentiranno di assicurare un’efficace competizione tra le strutture accreditate e dall’altro di ottenere un adeguato monitoraggio della spesa. La riforma dovrà seguire fedelmente i punti prescritti nel nuovo Piano Sanitario Regionale che, una volta approvato, consentirà di definire le linee di azione per il rilancio della sanità calabrese. Considerati i danni economici e funzionali che hanno prodotto le decisioni, estemporanee e distanti dalle esigenze locali, prese da Commissari esterni spesso inadeguati al delicato ruolo che hanno rivestito, nella stesura del Piano Sanitario calabrese è indispensabile il coinvolgimento diretto di tutte le organizzazioni specialistiche presenti sul territorio: diretto dei medici calabresi, di ogni ordine e grado, e di tutte le professionalità operanti nell’ambito della sanità, nonché dei sindaci e delle comunità locali. In concreto la riforma del sistema sanitario dovrà perseguire i seguenti obiettivi finali:• dare centralità alla sanità pubblica ospedaliera e, in tal senso, riequilibrare la spesa sanitaria regionale a favore del pubblico;• ampliare e potenziare la rete ospedaliera rendendola operativa ed efficace, aumentando i posti letto e migliorando la qualità e quantità dei servizi erogati;• censire e dove necessario potenziare gli organici dei medici, degli infermieri e del personale ausiliario che sono assolutamente insufficienti per rispondere alla domanda di salute dei cittadini, utilizzando prioritariamente le professionalità e le competenze dei medici e gli esercenti la professione sanitaria calabresi; un sistema sanitario rigenerato partendo dalla base ed opportunamente sostenuto da scelte che privilegino le competenze ed i meriti scientifici, contribuirà a favorire il rientro di tanti “cervelli” che attualmente lavorano fuori dalla nostra regione;• ripensare in modo nuovo alla medicina del territorio che deve diventare il perno di una nuova politica sanitaria regionale in quanto presidio fondamentale per la prevenzione e per spostare l’assistenza dall’ospedale al territorio;.• abolire i ticket sanitari per le fasce sociali più deboli e per i soggetti svantaggiati;• azzerare le liste di attesa nelle strutture pubbliche, che colpiscono soprattutto le persone più disagiate che non hanno le risorse per garantirsi le cure e le spese sanitarie. Ciò incrementando le visite specialistiche che dovranno essere previste anche durante giorni festivi e fasce orarie pomeridiane, come avviene in altre regioni;• dotare la Calabria del Registro Tumori Regionale. Il registro potrà fornire importanti indicazioni vitali per la popolazione, quali le relazioni, nei vari territori della Calabria, tra i diversi tipi di tumore e le fonti inquinanti, in modo da programmare adeguatamente le bonifiche dei siti inquinati. Con la legge regionale n.2/2016 la Regione Calabria ha istituito il Registro Tumori Regionale ma, a distanza di 5 anni, non ha messo a disposizione delle ASP nessuna risorsa economica e nessuna figura professionale. In tal modo la legge è rimasta inattuata e in sostanza i registri che sono stati istituiti sono praticamente vuoti, e quindi inutili!
- Gennaio 17, 2021
- Elisa Selvaggi